Food safety: Alimenti conformi ma non sicuri: 2 recenti sentenze della Corte di giustizia
Il rapporto tra l'Art. 14 del regolamento 178/02 e i criteri microbiologici dell'UE stabiliti nel reg. (UE) 2073/05
La previsione dell'art. 14 (8) reg. (UE) 178/02 è stato al centro di due sentenze della Corte di Giustizia Europea nel 2022, entrambe riguardanti l'interpretazione dei criteri microbiologici previsti dal Reg. 2073/05.
Reg. (UE) 178/02 stabilisce che: l'
art. 14.7. “Gli alimenti conformi a specifiche disposizioni comunitarie in materia di sicurezza alimentare sono considerati sicuri per quanto riguarda gli aspetti contemplati dalle specifiche disposizioni comunitarie”.
Arte. 14.8 “La conformità di un alimento alle disposizioni specifiche ad esso applicabili non impedisce alle autorità competenti di adottare misure appropriate per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per richiederne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi per sospettare che, nonostante tale conformità , il cibo non è sicuro.”.
La Corte dichiara che l'articolo 14, paragrafo 7, del regolamento n. (UE) 178/02 specifica che la classificazione degli alimenti come sicuri, ai sensi di specifiche disposizioni della normativa UE sulla sicurezza alimentare, come quelle del regolamento n. 2073/2005, si applica solo «per quanto riguarda gli aspetti contemplati da tali disposizioni». L'articolo 14, paragrafi 1, 2, 7 e 8, del regolamento . n, nonostante la sua conformità a specifiche disposizioni del diritto dell'Unione ad esso applicabili, qualora tali autorità abbiano motivi oggettivi per sospettare che tale alimento sia a rischio. Tale disposizione, tenuto conto della sua importanza per il conseguimento di un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento, deve essere interpretata in senso lato.
Questo ragionamento generale è stato applicato in due recenti sentenze della Corte di giustizia europea.
1. ROMEGA C 89/21
Sierotipi di Salmonella diversi da Salmonella Typhimurium e Salmonella Enteritidis nella carne fresca di pollame
Il primo caso (ROMEGA C 89/21) riguarda la Salmonella nella carne di pollame.
I criteri stabiliti dal Reg. (UE) 2073/05 nell'allegato 1, capitolo 1, intitolato 'Criteri di sicurezza alimentare', pt. 1.28, stabilisce che due specifici sierotipi di salmonella: Salmonella Typhimurium e Salmonella Enteritidis non devono essere rilevati in 25 g, per la carne fresca di pollame immessa sul mercato durante la sua durata di conservazione. Il regolamento UE non stabilisce criteri per altri sierotipi di Salmonella in tali carni.
Il rimettente ha chiesto se il regolamento sui criteri microbiologici e il reg. (UE) 178/02 deve essere interpretati nel senso che, se sierotipi di Salmonella diversi dalla salmonella Typhimurium ed Enteritidis siano rilevate nelle carni fresche di pollame, l'autorità competente può considerare i prodotti a rischio ai sensi dell'articolo 14, paragrafi 1 e 2, del Regolamento n. 178/2002.
La Corte di Giustizia ha ritenuto, come hanno sottolineato i governi lituano, ceco e italiano e la Commissione, che anche se i sierotipi individuati nel caso di specie dall'autorità lituana nella carne fresca di pollame, vale a dire Salmonella Kentucky e/o Salmonella Infantis, sembrano essere meno diffusi rispetto Salmonella Typhimurium e Salmonella Enteritidis, l'effetto nocivo sulla salute dei primi due sierotipi non può essere escluso.
La Corte di Giustizia ha pertanto concluso che spetta al giudice nazionale competente accertare se, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 8, del regolamento n. 178/02, la presenza di Salmonella di sierotipi diversi faccia sorgere il sospetto alle autorità che le carni fresche di pollame in questione siano a rischio, ai sensi dell'articolo 14, paragrafi da 2 a 5, del regolamento n. 178/2002, e possa giustificare le eventuali misure adottate da tale autorità come «misure appropriate» adottate sulla base della prima disposizione.
La Corte di Giustizia ha stabilito, pertanto, che le disposizioni devono essere interpretate nel senso che l'autorità competente di uno Stato membro può considerare a rischio, ai sensi dell'articolo 14, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 178/02, carni in cui sono stati rilevati microrganismi patogeni diversi dai sierotipi di salmonella elencati all'allegato I, capitolo 1, punto 1.28, del regolamento n. 2073/2005.
2. Aktsiaselts MVWOOL Causa C 51/21
Valori limite per la presenza di Listeria monocytogenes nei prodotti ittici prima e dopo l'immissione sul mercato
L'allegato I, capo 1, punto 1.2, del regolamento n. 2073/05 stabilisce, per alimenti in grado di favorire la crescita di Listeria monocytogenes, diversi da quelli destinati ai lattanti e a fini medici speciali, due limiti per quanto riguarda la presenza di tale batterio.
Il primo limite, fissato a 100 ufc/g, si applica ai prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità, laddove il fabbricante possa dimostrare che tali prodotti non supereranno tale limite durante il loro periodo di validità, con soddisfazione dell'autorità competente , come indicato nella nota 5 di tale disposizione.
Il secondo limite stabilisce una tolleranza zero "prima che l'alimento abbia lasciato il controllo immediato dell'operatore del settore alimentare, che lo ha prodotto", quando tale operatore non sia in grado di dimostrare che tale prodotto non supererà il limite di 100 ufc/g per tutto il suo durata di conservazione, con soddisfazione dell'autorità competente, come indicato nella nota 7 di tale disposizione.
Non è contemplata la situazione in cui il prodotto alimentare è già stato immesso sul mercato e il produttore non sia in grado di dimostrare che non supererà il limite di 100 ufc/g durante il suo periodo di validità, con soddisfazione dell'autorità competente.
Secondo la Corte di giustizia, in questo terzo caso, il limite di tolleranza zero per quanto riguarda la presenza di Listeria monocytogenes non si applica ai prodotti alimentari che sono stati immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità ai sensi del Reg. 2073/05. In tal caso, tale produttore deve astenersi dall'immettere tali prodotti sul mercato.
Al riguardo, la CGE ha stabilito che sia opportuno richiamare l'art. 14 (8) del Reg (UE) 178/2002, il quale stabilisce che le autorità nazionali competenti possono adottare "misure appropriate" per imporre restrizioni all'immissione sul mercato degli alimenti o per richiederne il ritiro dal mercato, nonostante la loro conformità a specifiche disposizioni del diritto dell'UE ad essi applicabili, qualora tali autorità abbiano ragioni obiettive per sospettare che quell'alimento non sia sicuro. Tale disposizione, vista la sua importanza per il conseguimento di un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, deve essere interpretata estensivamente.
La Corte conclude che il Reg. (UE) 2073/2005 non stabilisce il limite di “tolleranza zero” per i prodotti alimentari che sono stati immessi sul mercato, per tutta la loro durata di conservazione, quando il produttore non ha dimostrato che, durante la loro durata di conservazione, tali prodotti non supererebbero il limite di 100 ufc/g. Tuttavia, secondo la Corte di Giustizia, le autorità possono decidere a loro discrezione di adottare un approccio di “tolleranza zero”, in quanto costituisce una “misura appropriata” ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 8, del Regolamento n. 178/2002.
Conclusione
Interpretando l'art. 14 comma 8 del reg. 178/02 in modo così ampio, la Corte di Giustizia Europea riconosce ampissima discrezionalità alle autorità competenti degli Stati membri nel determinare se un alimento debba o meno essere considerato a rischio, nonostante sia conforme ai criteri di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria. Questa interpretazione potrebbe garantire maggiore sicurezza ai consumatori europei. Tuttavia, provoca certamente molta incertezza negli operatori del settore alimentare, e molto probabilmente determinerà applicazioni divergenti della legislazione alimentare nei diversi Stati membri dell'UE, con le ovvie implicazioni per la libera circolazione delle merci.
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